Agnese Borsellino, addio ad un donna di coraggio
Agnese Borsellino era, per tutti, la moglie di Paolo, giudice ucciso dalla mafia nella strage di via d'Amelio del 1992. Prima ancora di diventare sua moglie era Agnese Piraino Leto, figlia di Angelo Piraino Leto che fu magistrato e presidente del tribunale di Palermo. Si sposò con Paolo l'antivigilia di Natale del 1968 e da lui ha avuto tre figli: Lucia (1969), Manfredi (1972) e Fiammetta (1973). Ma Agnese era, forse ancora di più, una donna cresciuta con coraggio e forte senso di giustizia, una mamma vicina alla sua famiglia, e una moglie che non ha mai smesso di supportare negli anni di paura suo marito Paolo.
Oggi la comunicazione della sua morte è stata diffusa su Facebook dal cognato, Salvatore, fratello del giudice che scrive così: “E' morta Agnese. È andata a raggiungere Paolo. Adesso saprà la verità sulla sua morte”. Agnese è stata una di quelle donne che non ha mai smesso di lottare contro lo mafia, non ha mai smesso di cercare la verità, di sapere e capire perché e chi ha deciso di distruggere la vita di suo marito e – irrimediabilmente- della sua famiglia. Nonostante questo, è stata una donna che ha deciso di continuare a lottare nel riserbo insieme ai suoi figli, perché forse il silenzio è più forte di un grido di rabbia o perché può bastare leggere una lettera per raccontare e ricordare come il cuore continua a piangere e di come il dolore rimane scalfito nell'anima, immortale, come il ricordo di Paolo Borsellino.
Oggi è l'Italia a ricordarla, a partire dal presidente della Regione, Rosario Crocetta: “L’ho incontrata circa tre settimane fa, in ospedale: la lucidità delle sue idee, la determinazione nel condurre una battaglia di giustizia, la voglia di verità contrastava con le condizioni del suo corpo indebolito dalla malattia, vissuta con consapevolezza e dignità. E’ morta una grande donna, un’eroina delle istituzioni che ha vissuto una delle tragedie più grandi che una persona possa vivere”. Anna Maria Cancellieri ha raccontato: “Una donna straordinaria che avevo avuto modo di conoscere e di apprezzare in questi ultimi anni. Una donna che da un corpo fragile e provato dalla malattia sapeva sprigionare una forza morale e spirituale che raramente ho visto. Una donna dolce e mite che sapeva essere intellettualmente intransigente e radicale nel continuare, in altri modi, la lotta alla mafia portata avanti da suo marito e nel sostenere le ragioni della legalità contro quelle del sopruso, della violenza e del malaffare“.
Non è facile capire cosa vuol dire vivere in così tanto dolore e odio, e Agnese, la mattina della strage, sebbene vivesse in un clima di paura, non sapeva come e quanto la sua vita sarebbe cambiata da lì a poche ore. Non sapeva di quanto la sofferenza e la ricerca della verità avrebbero cambiato per sempre la sua vita e forse solo oggi, come scrive il cognato, potrà sapere quello che per tanti e lunghi anni l'ha tormentata, quello che si è sempre chiesta mentre tutti i giorni viveva nella città che ha amato e ucciso suo marito, mentre percorreva via d'Amelio e mentre guardava negli occhi i suoi tre figli, l'unica grande forza di questi anni.
Agnese sarebbe potuta essere, nella sua riservatezza, uno di quei personaggi che raccontano "il mistero della sicilianitudine" nel libro "I Siciliani" di Alfio Caruso che ha dedicato un capitolo al giudice palermitano. Sarebbe potuta essere una di quelle donne che lottano la mafia raccontate da Nando dalla Chiesa ne "Le Ribelli", che ha dedicato spazio alla sorella di Paolo, Rita. Agnese stato è tutto questo, è stata l'ombra e la luce, è stata una donna di infinito coraggio.