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La storia di Nadia e Lamiya: da schiave sessuali a ragazze libere

Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar sono due ragazze yazide di 23 e 18 anni, diventate schiave sessuali per mano dell’Isis. Dopo aver subito ogni tipo di tortura, violenza e sottomissione, sono riuscite a scappare e oggi sono state premiate come esempio di forza e coraggio.
A cura di Valeria Paglionico
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Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar sono due ragazze yazide e la loro storia è straziante. Hanno visto i loro cari morire per mano dell'Isis e per anni sono state ridotte a schiavitù dai jihadisti, subendo ogni tipo di tortura, violenza e sottomissione. Oggi, però, hanno avuto la loro rivincita. Dopo essere riuscite a scappare, hanno ricevuto dal Parlamento europeo il premio Sakharov, il riconoscimento destinato alle personalità che difendono i diritti umani e le libertà individuali.

"E' un premio prezioso per noi, un riconoscimento per ogni schiava sessuale nelle mani dell'Isis, per qualsiasi persona al mondo vittima del terrorismo. Questo è un premio che ci dà voce, il mondo deve sapere", hanno dichiarato le due ragazze. Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar hanno raccontato la loro drammatica esperienza, nella speranza che non accada mai più qualcosa di simile e che l'Europa diventi finalmente un simbolo di umanità. Sono più di 3.500 le donne e i bambini schiavi dell'Isis e ogni giorno muoiono migliaia di volte. Il Parlamento europeo ha premesso di fare luce sui reati perpetrati dallo Stato islamico, così che la battaglia combattuta con forza e coraggio da queste due ragazze non sia stata inutile.

Nadia e Lamiya raccontano il periodo della schiavitù

Nadia Murad Basee Taha e Lamiya Aji Bashar sono due ragazze di 23 e 18 anni, sono originarie di Kocho, uno dei villaggi vicini a Sinjar, in Iraq, che nel mese di agosto 2014 è stato attaccato dai sedicenti militanti dello stato islamico. Tutti gli uomini del villaggio sono state uccisi, mentre le donne sono diventate tutte delle schiave sessuali, costrette ad accettare ogni tipo di privazione e di sottomissione. Lamiya è stata gravemente sfigurata durante le fuga e ha visto un'amica di 9 anni morire su una mina antiuomo proprio mentre cercava di mettersi in salvo. "L’ultima cosa che ho sentito è stato il suo grido di morte dopo l’esplosione. Il peggior suono che io abbia mai sentito”, ha spiegato la 18enne. Nadia ha invece raccontato di aver visto gran parte della sua famiglia morire davanti ai suoi occhi prima di diventare schiava. A tutti loro era stata data un'unica opzione: conversione all’Islam o morte.

Sia Nadia che e Lamiya sono però riuscite a scappare, rispettivamente a novembre del 2014 e ad aprile del 2016, e oggi sono state premiate per la loro forza e il loro coraggio. Hanno ricevuto dal Parlamento europeo il premio Sakharov, il riconoscimento destinato alle personalità e alle organizzazioni che difendono i diritti umani e le libertà individuali. Attualmente vivono in Germania, sotto attiviste, combattono per i diritti della comunità yazidi in Iraq e hanno intenzione di sensibilizzare il mondo sulla condizione della loro popolazione, considerata una delle minoranze religiose maggiormente sottoposte a genocidio da parte del califfato. Il loro obiettivo è dare voce a tutte le vittime che non potranno mai raccontare le atrocità e gli abusi che hanno subito per mano dell'Isis.

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