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“Includiamo le persone disabili nelle pubblicità”: la lotta di una mamma per la sua bimba down

Katie Driscoll è la mamma di una bimba affetta dalla sindrome di down che lotta tutti i giorni per “Cambiare il volto della bellezza”. Ora ha lanciato una campagna per convincere le aziende a includere nelle loro pubblicità le persone disabili.
A cura di Redazione Donna
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"Cambiare il volto della bellezza" questo l'obiettivo per cui da anni si batte la mamma di una bimba con la sindrome di Down. L'americana Katie Driscoll con la sua battaglia cerca di convincere le grandi aziende ed i marchi più conosciuti a dare il loro contributo perchè le persone possano cambiare il proprio concetto di "normalità". La mamma ha infatto chiesto che vengano utilizzati i volti di bambini affetti dalla sindrome di down per le pubblicità su carta e nei tv commercial. I bambini nati con la sindrome di down sono uguali a tutti gli altri, perchè non scegliere anche loro come protagonisti delle campagne pubblicitarie che solitamente vediamo in tv?

La lotta di Katie: "La mia Grace è una bambina come tutte le altre"

La mamma racconta come tutto è iniziato con una foto alla sua bambina Grace, affetta da sindrome di Down: "Non volevo che la gente si dispiacesse per lei o per noi, perché io ne ero fiera" ha spiegato la donna. Così ha cominciato a scattare foto della figlioletta e a condividerle sui social network, trasformando a poco a poco la sua attività in una vera e propria campagna. Le immagini hanno avuto grande seguito e un immenso successo, così Katie ha iniziato a coinvolgere altri genitori e i loro figli, per scattare splendide immagini. La mamma si batte perchè le persone con difficoltà possano avere le stesse possibilità di coloro che la società moderna considera come "normali". Solo il 44% degli adulti con una disabilità intellettiva fa parte della forza lavoro, contro l'83% di quelli che non ne hanno."La percezione è che non possano farcela – afferma Katie – ed è deciso prima ancora che aprano la bocca. Ma ogni volta che una persona entra davvero a contatto con un disabile, abbatte quelle barriere e quella percezione. Date a queste persone la possibilità di aprire la bocca per provare che sono capaci".

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