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I figli delle mamme con lavoro precario iniziano a parlare più tardi, ecco perché

Al giorno d’oggi, quasi tutte le donne che lavorano hanno un contratto precario. In poche, però, sanno che la cosa potrebbe influire negativamente sulle capacità linguistiche del figlio. Ecco perché succede una cosa simile.
A cura di Valeria Paglionico
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Trovare lavoro di questi tempi è davvero un'impresa ardua e, una volta ottenuto, bisogna accontentarsi di contratti precari. Di solito, non si hanno ferie retribuite, tredicesima o diritti legati alla maternità. Tutte le donne che, nonostante non siano tutelate, vogliono mettere su famiglia devono però sapere che la mancanza di un contratto "regolare" potrebbe influire sulla crescita del piccolo.

Secondo una ricerca condotta da Riccardo Bonato dell'università Bicocca, i figli di mamme precarie presentano spesso un ritardo nello sviluppo delle capacità di linguaggio. In particolare, sono stati analizzati 334 nuclei familiari milanesi e i risultati sono stati chiari: il 41% dei piccoli con genitori precari dice la prima parola dopo i 15 mesi, ben oltre la media che si aggira tra i 9 e i 14 mesi. I contratti flessibili non hanno dunque un effetto positivo sul benessere della famiglia.

"Professionalità altamente qualificate sono retribuite meno dei limiti di sopravvivenza; coppie senza accesso al credito per l'acquisto della casa; lavoratrici costrette a posticipare la maternità", ha spiegato Bonato, facendo riferimento al fatto che i lavori di oggi impediscono agli uomimi e alle donne di guadagnare una propria dignità sociale. Solitamente, i contratti precari non prevedono i permessi per allattamento o il congedo di maternità e, non a caso, quasi il 10% delle donne perde il lavoro dopo aver avuto un figlio. Insomma, a quanto pare, fino a quando le donne non saranno tutelate dal datore di lavoro, per loro sarà davvero complesso affrontare la maternità serenamente.

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